Strano il mio destino.

Criminal Minds.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    494

    Status
    ghost
    Raiting: Rosso.
    Genere: Avventura, sentimentale, suspence
    Personaggi: Nuovo personaggio (Charlie Brooks), Spencer Reid, un po' tutti.
    Note:(facoltative)

    I. La principessa dagli occhi di smeraldo.


    Quantico, Virginia.
    Ore 8.30



    L’agente Derek Morgan uscì dall’ascensore e si diresse nell’open space, dove, dopo essersi tolto la giacca ed averla appoggiata alla sedia, si rese conto che i suoi colleghi erano distratti da qualcosa; no qualcuno. Bevve un sorso del caffè che aveva appena acquistato alla caffetteria accanto all’ufficio.
    «Ragazzi, che mi sono perso?» domandò agli agenti Prentiss e Reid. I due si voltarono verso di lui con fare stupito. Non si erano minimamente accorti della presenza del collega finché questi non aveva parlato. Dopo averlo salutato entrambi con un “buongiorno” gli diedero nuovamente le spalle, per tornare a guardare nell’ufficio del loro capo, Aaron Hotchner.
    «Quando sono arrivato alle 8.00 erano già lì dentro. Lei non si è mai seduta.» Il dottor Reid informò dei fatti il suo collega, anche se anche lui ne sapeva ben poco. Morgan si sedette sul bordo della sua scrivania e si mise ad osservare la giovane ragazza che si trovava in compagnia di JJ e Hotch nell’ufficio di quest’ultimo. Spostò per un secondo lo sguardo verso quello di Rossi e lo vide attraverso il vetro scrivere al computer, probabilmente si trattava del suo nuovo libro. I suoi occhi tornarono a puntare la ragazza sconosciuta, che in quell’istante si trovava davanti alla porta trasparente; aveva la pelle ambrata, non mulatta, abbronzata; lunghi capelli mossi di una sfumatura fra il castano chiaro e il biondo cenere. Doveva essere alta un po’ più di un metro e settanta e doveva avere qualche anno in meno di Reid. Aveva le curve al punto giusto, esattamente come piacevano a lui e non poté fare a meno di sorridere.
    «Secondo voi perché è qui?» domandò Emily distogliendo lo sguardo, era curiosa, ma non voleva dare nell’occhio e poi bastavano gli sguardi persi di Reid e di Morgan.
    «Qualsiasi sia il motivo sono felice che lei sia qui. Dove vuoi andare a cena?» fece il nero rispondendo prima a Emily e poi facendo finta di dialogare con la ragazza per poi bere un altro sorso del suo caffè. Quando lui aveva parlato la giovane aveva guardato verso di loro, che avesse sentito? No, impossibile; per prima cosa lui non aveva parlato forte, solo Emily e Reid avevano potuto sentirlo e poi lei era in un’altra stanza. Passò un minuto e la nuova e JJ uscirono dall’ufficio di Hotchner. La bionda sparì velocemente, mentre la nuova si appoggiò con le mani alla balaustra e guardò verso i tre colleghi.
    «Sai Derek, se me lo avessi chiesto quindici anni fa probabilmente ti avrei detto di sì.» fu la prima cosa che la nuova ragazza disse ai tre che la stavano guardando. Reid spalancò la bocca, come se avesse appena saputo che una sua affermazione fosse sbagliata; mentre Emily guardò Morgan, che con fare confuso guardò meglio la ragazza.
    «Ci conosciamo?» domandò con un leggero imbarazzo il nero, come aveva fatto a sentirlo? E soprattutto, lo conosceva? Forse era stata una delle ragazze con cui era stato e di cui non si ricordava il nome; ma non comprendeva il fatto dei quindici anni.
    «Non posso credere che tu non mi riconosca. Se ti dico “mio cavaliere dall’armatura scintillante” ti viene in mente niente?» continuò la ragazza mentre scendeva i pochi scalini e percorreva quel metro e mezzo che la portò esattamente davanti ai tre. Reid sbatté le palpebre un paio di volte per poi chiudere la bocca e deglutire. Era una ragazza davvero bella, la prima che lo aveva colpito così in fretta; aveva già perso le speranze non appena l’aveva vista, lei era troppo bella per anche solo pensare di uscire con uno come lui. E poi ci si era messo Morgan. A lui lei avrebbe detto sicuramente di sì. Invece l’aveva colpito di nuovo.
    Derek appoggiò il suo caffè sulla scrivania lentamente, nel frattempo osservò l’unica caratteristica che non aveva guardato di quella ragazza, gli occhi. Erano di un verde accecante, sembrava fossero fatti di smeraldo; non ne aveva mai visti di simili; no, si sbagliava; li aveva visti solo in una persona. Le parole della ragazza e quegli occhi lo raggiunsero esattamente nello stesso momento e capì all’istante chi gli stava davanti.
    «Charlie!» gridò raggiungendola con un paio di passi per poi abbracciarla con tanta foga da sollevarla da terra. «La mia principessa dagli occhi di smeraldo!» Sì, non poteva essere altri che lei; quegli occhi erano di una sfumatura di un verde così intenso che nessun altro al mondo poteva averne una uguale. Ricordava esattamente quando si diedero quei nomignoli. Reid ed Emily si guardarono decisamente confusi e allo stesso divertiti dai soprannomi. Conoscevamo bene i vari soprannomi di Morgan, Garcia ne aveva elencati decine e decine; ma quella era decisamente un’altra storia.
    «Ci presenti la tua amica?» domandò Emily visto che Derek era troppo preso ad abbracciare (o meglio stritolare) la sua amica e Reid sembrava aver disimparato il linguaggio parlato.
    «Oh, perdonatemi. Lei è una mia vecchia amica di Chicago, il suo nome è Charlie Brooks. Si trasferì con la sua famiglia quando avevo diciassette anni.» spiegò Morgan mentre gli tornavano alla mente vecchi ricordi di una ragazzina con l’apparecchio ai denti, le lentiggini e il modo di comportarsi e di vestirsi come un maschiaccio. Ricordava quando Justin gli telefonò per chiedergli se aveva visto sua sorella. Saputo del trasferimento Charlie era fuggita e non riuscivano a trovarla. Si era nascosta al campo, sotto le gradinate e Morgan riuscì a convincerla a tornare a casa. Ricordava i suoi occhi smeraldo dare vita a lacrime e lacrime. Dopo quel giorno non vide più Charlie o Justin, ma seppe da sua madre che la nuova città aveva accolto la famiglia Brooks a braccia aperte.
    «Vecchia amica, eh? Diciamo pure che ero innamorata di te e tu non te ne sei mai accorto!» disse la giovane ridacchiando e mostrando una dentatura perfetta e un sorriso bianco e smagliate. Quegli anni e anni di apparecchio avevano dato i loro frutti. Della ragazzina che indossava i vestiti dei fratelli e si rifiutava di indossare qualsiasi cosa che potesse sembrare una gonna o di colore pastello, non era rimasto niente, a parte gli occhi. I capelli erano cresciuti e le arrivavano a circa cinque centimetri sopra il fondoschiena, le lentiggini sembravano non aver mai conosciuto il viso abbronzato e sicuramente non rubava più gli abiti ai fratelli. Sembrava davvero un’altra persona, decisamente più attraente. «Riguardo alla cena a cui pensavi di invitarmi, se Justin lo sapesse tirerebbe fuori il fucile da caccia.» Morgan scoppiò in una grossa e sonora risata; i Brooks erano sempre loro, non erano cambiati a quanto sembrava. Charlie era l’unica femmina in famiglia e i suoi fratelli la difendevano in qualsiasi caso, sia che si parlasse di ragazzi che la invitavano ad uscire o che la prendessero in giro. Quando abitava a Chicago non era mai capitato che qualcuno le chiedesse un appuntamento, ma tutti sapevano quanto fossero gelosi i fratelli Brooks della loro sorellina.
    «Oh, ne sono sicuro! Ma spiegami una cosa, come hai fatto a sentire ciò che ho detto?» domandò Morgan incuriosito.
    «In questi anni ho fatto tante cose interessanti Derek Morgan. Leggere le labbra è una, un’altra è imparare il linguaggio dei segni. Abbiamo preso una bambina con noi qualche anno fa, è sorda e quindi ho dovuto imparare un modo per comunicare con lei.» Morgan sorrise sorpreso e capì esattamente cosa voleva dire Charlie. I Brooks erano famosi per le loro adozioni, prima di andare via da Chicago avevano adottato quattro bambini, tre maschi e una femmina, quest’ultima era Charlie. La bambina di cui aveva parlato doveva aver avuto poche possibilità di essere adottata e quindi i Brooks le avevano dato una possibilità; loro vedevano bontà e bellezza dove altri invece vedevano difetti. Reid e Emily invece dalle parole che Morgan e la nuova ragazza si erano scambiati avevano capito che il Justin di cui parlavano doveva essere il ragazzo di Charlie e quella bambina la loro figlia adottiva. Reid si sentì passar sopra da una schiacciasassi. Quella ragazza conosceva cose che lui non sapeva e aveva un fascino che lo stava, minuto dopo minuto, rapendo. La stessa ragazza che chissà in quale città aveva un futuro marito e una figlia.
    «Morgan deve aver dimenticato le buone maniere, io sono Emily, molto piacere.» si presentò la mora sorridendo e porgendo la mano a Charlie che la strinse sorridendo a sua volta.
    «Io sono l’agente speciale supervisore dottor Spencer Reid.» Sia Emily che Derek si voltarono all’unisono verso il loro amico. Non si era mai presentato in quel modo, nemmeno durante un caso; probabilmente voleva fare colpo.
    «Molto piacere “agente speciale supervisore dottor Spencer Reid”.» Fece senza alcuna presa in giro Charlie mentre gli stringeva la mano sorridendogli. In quell’istante il cervellone si sentì un vero e proprio stupido. Lui era un genio, dopotutto aveva un Q.I. di 187 e si era presentato elencando tutti i suoi titoli, almeno aveva evitato di enunciare i suoi dottorati e lauree.
    «Puoi chiamarmi Reid, tutti lo fanno. A parte JJ, lei a volte mi chiama Spence; ma Reid è perfetto. Sì, Reid. Tu invece ti sei presentata come Charlie; che deduco essere un soprannome. Potrebbe essere quello di Charlize, Charlotte o Charlaine. Facendo un paio di conti a mente tenendo in conto l’usualità dei nomi direi che statisticamente il tuo nome è Charlotte al 72%.» Stava peggiorando le cose, ogni volta che apriva bocca rischiava di parlare per un tempo illimitato e soprattutto di cose assolutamente superflue. Quando Hotch sbucò dal suo ufficio e fece segno a tutti di recarsi nella sala riunioni Reid fece un grosso sospiro sperando di non fare altre figure simili o addirittura peggiori; perché si sa, al peggio non c’è mai fine.

     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    WE
    Posts
    23,847
    Location
    Ellis Island

    Status
    offline
    Commenti alla storia: --QUI!
    Web
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    494

    Status
    ghost

    II. Il mostro di Chaparral.


    «Oggi avremo un ospite con noi, ci ha portato il caso, si chiama Charlie Brooks.» disse JJ a Penelope Garcia e David Rossi, che erano seduti attorno al grande tavolo della sala riunioni. La bionda sapeva che la ragazza si era già presentata agli altri, quindi i due che aveva davanti erano gli unici a non conoscerla.
    «Charlie Brooks. Sarà un vecchio agente in pensione, con la pancia da birra e la metà dei capelli.» sentenziò Garcia scarabocchiando con la penna rosa piumata sul suo blocco per gli appunti. La rossa non sentì la porta aprirsi alle sue spalle e i suoi colleghi entrare insieme a qualcun altro.
    «Veramente Charlie sarei io.» disse una voce soave e melodiosa, non era decisamente maschile. Una ragazza slanciata le passò accanto e si voltò facendo svolazzare i suoi capelli che si riposarono dolcemente sulle spalle per poi scendere lungo il corpo. Si mostrò in tutta la sua interezza e bellezza ai due ai quali non si era ancora presentata. Garcia si sentiva davvero in imbarazzo. Non era da lei giudicare qualcuno prima di conoscerlo; da un nome poi. Sentì le gote arrossire e le labbra aprirsi in una smorfia di vergogna. Patetica, in quel momento Penelope giudicava sé stessa come una persona patetica.
    «Tranquilla bambolina, Charlie non se l’è presa. Fidati, la conosco.» Derek sussurrò queste parole a Garcia all’orecchio prima di prendere posto accanto a lei. Reid e Prentiss, invece, si sedettero uno alla destra e l’altra alla sinistra di Rossi.
    «Possiamo procedere.» Diede il via Hotchner mentre si sedeva a capotavola. Charlie pensò che quello doveva essere il suo posto ad ogni riunione, non solo perché gli altri l’avevano lasciato libero, ma perché solitamente il capo, qualsiasi sia il lavoro, ad un tavolo si mette sempre a capotavola.
    «Charlie è venuta a chiederci aiuto per ciò che sta accadendo nella sua città e, dopo aver esaminato la situazione, io e Hotch abbiamo deciso di accettare il caso. Lascerei a lei spiegare il resto.» JJ parlò guardando verso i suoi colleghi che la stavano osservando con grande interesse; era percepibile quanto il gruppo fosse affiatato già in sala riunione; pendevano tutti dalle labbra della bionda in quel momento.
    «Innanzitutto grazie. Non sono un agente di polizia, semplicemente mi sono offerta per venirvi a chiedere aiuto mentre lo sceriffo rimaneva in città a fare indagini. Vengo da Chaparral, Nuovo Messico; una città di circa 8.000 abitanti che dista un po’ meno di quaranta minuti da Las Cruces. L’anno scorso è scomparsa una ragazza, Consuelo Hernandez; una settimana dopo lo sceriffo ha ricevuto una telefonata da un uomo, diceva che avrebbe trovato ciò che cercava in un magazzino abbandonato. Trovarono il corpo della Hernandez, le aveva rasato i capelli, l’aveva torturata e uccisa. C’erano segni di frustate sulla schiena, di bruciature sulle braccia e sul seno. La morte è sopraggiunta per strangolamento. Aveva segni di legatura sui polsi e sulle caviglie.» Mentre Charlie parlava, guardava negli occhi ciascuna delle persone che aveva davanti. Nessuno sembrava fare una piega, tranne la rossa dagli abiti stravaganti. Sembrava disgustata e scuoteva la testa quando venivano nominate le torture che la vittima aveva subito. Charlie si voltò verso il monitor che si trovava al suo fianco e vide le immagini del luogo del delitto e di Consuelo. Mentre parlava JJ mostrava ai colleghi le foto che erano state scattate facendole procedere grazie al telecomando.
    «Mentre lo sceriffo raggiungeva il corpo, un’altra ragazza veniva rapita, si chiamava Rosita Sanchez; come per Consuelo una settimana dopo arrivò una telefonata alla stazione di polizia. Il corpo fu trovato poco fuori città, nelle stesse condizioni dell’altro. I delitti cessarono e lo sceriffo pensò di averla scampata; ma non c’è due senza tre. La settimana scorsa è scomparsa una ragazza, il cui nome era Gloria Delgado. L’assassino dovrebbe essere al telefono con lo sceriffo in questo momento. So che è lui; non ci sono motivi per pensarlo, ma io ne sono convinta.» Charlie si interruppe e prese il mano il suo cellulare, che stava vibrando, e rispose con un semplice “sì?” Chiuse immediatamente la chiamata sospirando.
    «Sì, è lui. Ha chiamato e ha detto di andare alla discarica. Andranno subito là.» comunicò la ragazza massaggiandosi il collo con una mano.
    «Avete provato a rintracciare la telefonata?» domandò Garcia.
    «Suppongo che il mostro come per la volta scorsa abbia telefonato con un cellulare usa e getta e il ripetitore non aiuta, ne abbiamo uno solo in città. Questi sono stati i risultati per la telefonata sul ritrovamento del corpo di Rosita; non abbiamo esperti informatici a Chaparral, quindi ho provveduto io a rintracciare la chiamata essendo l’unica in grado di farlo.» Gli altri si guardarono fra loro, per poi consultare il fascicolo. «Sapevo che era lui e so che in questo momento sta prendendo qualche altra ragazza in città.»
    «Signorina Brooks, lei aveva ragione. Come ha fatto a capire che era sempre lui?» domandò Rossi gesticolando leggermente con la mano destra, per poi passare le dita sulla sua barba molto curata.
    «Quest’uomo è disturbato, sono convinta che ciò che fa alle sue vittime lui l’abbia vissuto su di sé; probabilmente la sua carnefice era la madre e ora rapisce le donne che gliela ricordano per farla pagare a loro. Non le stupra quindi ho dedotto che ciò che fa non gli provochi alcun impulso sessuale; si tratta di semplice vendetta. Lui non smetterà di uccidere finché non verrà preso. E il corpo di polizia di Chaparral non può farcela da solo, troppe donne da proteggere e troppi uomini fra cui cercare. So che sta a voi fare il profilo, ma secondo me quest’uomo ha fra i 30 e i 35 anni ed è ispanico; durante le chiamate alternava americano e spagnolo, non conosceva bene la nostra lingua.» spiegò la ragazza guardando colui che gli aveva fatto la domanda.
    «E per dire ciò lei ha qualche competenza? Laurea o dottorato in psicologia?» continuò Rossi.
    «No, agente Rossi, niente di tutto ciò. Sono laureata in giurisprudenza e ho un dottorato in letteratura. Conosco cinque lingue compreso l’americano, ma di psicologia non so assolutamente niente. Le mie supposizioni le sono sempre tenute per me, so bene che molto probabilmente sono errate; ma lei mi ha fatto una domanda e io le ho dato le mie motivazioni.» Charlie non stava affatto sfidando il profiler, semplicemente stava dando una risposta completa ed esaustiva.
    «Signorina Brooks, devo farle i miei complimenti. Dai dati che ci ha fornito posso dirle che il profilo che ci ha presentato è giusto; ma potremo essere più esaustivi una volta arrivati sul posto.» concluse l’agente più anziano con un leggero sorriso.
    «Molto bene, partiremo fra un’ora. Signorina Brooks, come le ho già detto lei verrà con noi con il jet.» comunicò Aaron Hotchner e la ragazza annuì. Uscirono tutti dalla sala riunione, tranne Garcia e Charlie, che si sedette vicino alla rossa.
    «Senti, mi dispiace per quello che ho detto, io non sono nessuno per giudicare qualcuno e..» parlò l’informatica cercando di scusarsi, ma fu interrotta dall’altra.
    «Non ti devi preoccupare, non me la sono affatto presa, bambolina.» disse ridacchiando Charlie «Derek non si smentisce mai. Se non mi sbaglio tu sei Penelope Garcia, giusto?»
    «Sì esatto, il tecnico informatico della squadra. Prima hai detto che hai rintracciato la chiamata dell’S.I., sei stata brava, davvero.»
    «Ti ringrazio Penelope; un mio amico al college studiava informatica e mi ha insegnato qualche trucchetto.» ammise la giovane, per poi alzarsi. «Dimenticavo, Hotchner mi ha detto che verrai con noi a Chaparral.»
    La rossa sembrava davvero confusa e disorientata dalle parole della nuova ragazzina. Provò a dire qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa.
    «Penelope, devi prepararti, il jet parte fra meno di un’ora!» le ricordò Charlie, mentre la faceva alzare e la spingeva fuori dalla sala riunioni con la forza, ma ridacchiando. A pelle la rossa le piaceva, aveva già dimenticato il fatto che l’avesse giudicata solo dal nome. Il suo modo di vestire era stravagante e nonostante non la conoscesse ancora sapeva già che sarebbero andate d’accordo. Penelope Garcia, mentre veniva spinta nel suo ufficio non poté fare a meno di sorridere; la ragazza che aveva appena conosciuto si era dimostrata intelligente, gentile e dai modi educati. Quel viaggio in New Mexico le sarebbe piaciuto.
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    494

    Status
    ghost

    III. Lei è necessaria.



    Charlie’s POV.
    Il viaggio sul jet era stato tranquillo; i membri del BAU avevano passato il tempo ad analizzare il fascicolo e a parlare dell’S.I.; Garcia aveva lavorato al computer tutto il tempo, invece io mi ero seduta in disparte; non facevo parte del gruppo e sapevo che ero lì solo per rispondere alle loro eventuali domande e perché l’agente Hotchner era stato così gentile da farmi evitare il costo del biglietto dell’aereo e la coda all’aeroporto. Quando arrivammo al Chaparral Airport ad aspettarci c’erano tre suv neri, che dedussi la squadra avesse richiesto, ed il vice-sceriffo Nelson.
    «Lo sceriffo richiede urgentemente la vostra presenza alla stazione di polizia.» comunicò il giovane ragazzo dopo essersi presentato agli agenti dell’FBI, per poi sorridermi. «Charlie, il capo vuole anche te.» Gabriel Nelson era molto giovane per la sua posizione lavorativa, ma a Chaparral la sicurezza pubblica non era richiesta spesso: il caso più grave che avessero mai affrontato, oltre agli ultimi omicidi e a qualche furto, era quando il figlio dei Barnes si era sbronzato ad una festa ed era stato ritrovato a vagare nudo per la città.
    In poco più di dieci minuti arrivammo alla stazione di polizia, dove lo sceriffo uscì in tutta fretta e ci aspettò davanti alla porta. Lui era il Charlie Brooks che Garcia si era immaginata, l’unico dettaglio errato era il fatto che fosse in pensione; lo sceriffo non aveva, nonostante i suoi passati cinquantacinque anni, alcuna intenzione di lasciare il suo posto; ma la calvizia avanzata e la pancia voluminosa erano decisamente presenti.
    «Salve, sono lo sceriffo Harper; sono onorato di avervi qui; anche se le circostanze non sono proprio gioiose.» si presentò quest’ultimo porgendo la mano agli agenti dell’FBI. Sapevo bene che quella mano era sudaticcia ed ero davvero felice di non entrarne in contatto.
    «Non proprio gioiose, Carl? Direi che non conosci il termine di questa parola se lo usi in modo così inappropriato.» Il mio commento fece sorridere sotto i baffi gli agenti della BAU, persino Rossi e Hotchner; mentre Garcia ridacchiò per poi mettersi una mano davanti alla bocca per evitare di ridere, o almeno farlo senza essere notata. Riuscii a cogliere un accenno di sorriso anche da Reid, che fino a quel momento sembrava estremamente rigido e freddo.
    Lo sceriffo mi guardò dritto negli occhi per poi ridacchiare a sua volta, decisamente in imbarazzo. Non era mia abitudine trattare in quel modo le persone, soprattutto quelle più anziane di me a cui porto ancora più rispetto; ma Carl Harper era il peggior sceriffo che Chaparral potesse avere. Circa otto anni prima il suo predecessore Bob Garner andava in pensione lasciando il posto al suo vice; l’errore più grande che potesse commettere. Harper non provava alcuna passione per il suo lavoro, per lui era una specie di dovere; i suoi antenati erano poliziotti da tre generazioni. La differenza fra Garner e Harper si sentì subito; la percentuale dei furti era triplicata, dal 10% del primo al 30% del secondo. L’ex-sceriffo non solo era l’incarnazione della legge, ma riusciva a farsi rispettare anche dai malviventi; molti ragazzi grazie a lui avevano evitato di commettere errori per cui avrebbero passato la loro giovinezza in prigione. Passava la sua giornata sulle strade a controllare, mentre Harper invece stava sempre e comunque, tranne rare eccezioni, seduto sulla sua sedia a mangiare qualsiasi cosa.
    «Sceriffo Harper, io sono l’agente Hotchner, mentre questa è la mia squadra. Agente Jereau, Morgan, Rossi, Prentiss e Reid.» Il capo stava presentando sé stesso e poi i suoi colleghi indicandoli mentre li elencava. Sicuramente Carl aveva già dimenticato i loro nomi, probabilmente non gliene importava assolutamente niente; sperava solamente che prendessero l’assassino e levassero le tende in modo tale da poter mangiare le sue amate ciambelle sulla sua ormai consunta e sformata poltrona. «Prima entriamo e prima potremo esservi di aiuto.» Fece notare Hotchner e lo sceriffo sembrò svegliarsi e li invitò nella stazione di polizia dicendo che aveva preparato un ufficio per loro, come io avevo richiesto. Rossi fece un gesto di approvazione con il capo verso di me, ma non ci feci troppo caso. Non sapevo che era la loro prassi quella, ma l’avevo richiesto semplicemente perché sapevo bene che Carl non avrebbe permesso all’FBI di accamparsi o vagare nel suo ufficio.
    Non appena entrammo nell’anticamera notai seduto un ragazzo che conoscevo bene. Non appena mi vide si alzò in piedi; era agitato e terrorizzato. «Scusate» dissi velocemente mentre mi avvicinavo a quel ragazzo. «Ben, che ci fai qui?» domandai seriamente preoccupata, sapevo che non avrebbe messo mai piede lì dentro, non dopo che lo sceriffo lo aveva accusato ingiustamente di furto, per poi nemmeno scusarsi.
    «L’ha presa, ha preso Marisol!» gridò quasi lui passandosi poi insistentemente la mano fra i capelli nervoso. «Harper non caverà un ragno dal buco, come al solito! Non posso perderla, lo capisci, vero Charlie?» Certo che lo capivo. Nemmeno io potevo perderla. Lei era la mia migliore amica e non avrei permesso che diventasse un’altra Consuelo, un’altra Rosita, un’altra Gloria. Tre erano già troppe.
    «E’ arrivato l’FBI, c’è anche un mio amico, sono in gamba; troveranno Marisol e quel bastardo prima che possa farle del male. Te la riporterò, è una promessa.» I suoi occhi si fermarono per un secondo nei miei, per poi sollevarsi verso il cielo. Mi conosceva da troppo tempo per sapere che la promessa di un Brooks è debito. «Ti riporterò tua moglie Ben, tu va da Justin e cerca di stare calmo.» A passo veloce e deciso entrai nell’open space della stazione di polizia, dove oltre a un paio di schedari e sette scrivanie c’erano solamente gli uomini di Harper, alcuni gli somigliavano anche troppo come poliziotto. Avvistai subito l’ufficio che era stato adibito a “sede temporanea FBI” (alias ufficio del vice-sceriffo che per la permanenza del BAU era stato sfrattato) ed entrai per poi chiudermi la porta alle spalle non molto elegantemente. Mi avvicinai al grande tavolo e presi l’ultimo fascicolo rimasto, anche gli altri stavano leggendo. Reid fu il primo a terminare, io per seconda.
    «Carl, qui non ho letto niente sull’ultimo rapimento.» gli feci notare molto gentilmente anche se la sua incompetenza mi dava seriamente sui nervi.
    «Quale rapimento?» domandò Hotchner alzando il capo dal fascicolo aspettandosi una risposta esauriente da Harper, purtroppo non lo conosceva.
    «Nessun rapimento.»
    «Nessun rapimento?!» ripetei le sue parole in un tono decisamente più alto e arrabbiato. «Sbaglio o Marisol è sparita?» Biascicò qualcosa sul fatto che avessero trovato poco lontano dalla casa vicino a un cassonetto della spazzatura la sua fede e che quindi avesse dedotto che lei aveva semplicemente lasciato il marito. «Oh certo, come quando hai dedotto che il ladro all’officina fosse Ben. O quando eri convinto che il bar di Garrett fosse la copertura per spacciare droga. Hai fatto smantellare tutto il locale alla ricerca di chissà che sostanza stupefacente facendo perdere tempo a tutti e denaro al comune.» Balbettò qualcosa di incomprensibile per tutti per poi arrossire. «Una donna scompare e il fatto che non sia la prima volta che accade secondo certe modalità non ti fa sospettare niente se non che lei voleva lasciare il marito, anche se sai benissimo che non lo farebbe mai.» Lui si fece sempre più rosso, era decisamente arrabbiato, aprì la bocca per strillarmi qualcosa addosso probabilmente, ma fui più veloce io. «Sì, me ne vado, tranquillo; non posso sopportare di restare alla tua presenza troppo a lungo, potrei diventare come te. Ti chiedo solo di far esaminare il caso di Marisol a loro, un semplice controllo. Se hai ragione tu prometto di chiederti scusa.» Lo vidi accennare. «Perfetto, spero lo troviate, quel bastardo.» mi limitai a dire per poi prendere la porta ed andarmene. C’era solo un posto in cui sapevo di poter tornare calma e ragionare.

    Charlie era appena uscita dalla stanza quando lo sceriffo iniziò ad imprecare ed ad insultarla. La ragazza aveva decisamente coraggio, tutti lo pensarono, tranne ovviamente Harper che espresse i suoi pensieri con parole decisamente poco gentili.
    «Quella ragazza saputella, solo perché è andata al college non può trattarmi così! Sono lo sceriffo io e so benissimo che Marisol ha lasciato quel ladro idiota di suo marito! Oh, guardatemi, sono Charlotte Brooks, conosco 5 lingue e leggo diciottomila parole al minuto, quindi voi siete solo degli stupidi.» Lo sceriffo stava decisamente dando i numeri. Si stava sfogando da solo e si era ritrovato a fare l’imitazione decisamente pessima della ragazza che non si era mai vantata delle sue competenze. Gli agenti dell’FBI si guardarono l’un l’altro rendendosi conto, non del tutto probabilmente, di quanto fosse immaturo quello sceriffo.
    «Una ragazza è scomparsa e se anche lei crede che se ne sia andata sulle sue gambe voglio vedere il fascicolo. Morgan, Prentiss e Reid andate sul luogo del ritrovamento della fede e poi parlate con il marito. Io e Rossi faremo invece, insieme allo sceriffo, la perlustrazione dei luoghi dove l’S.I. ha portato i corpi e poi andremo all’obitorio. Garcia e JJ, cercate collegamenti fra le vittime.» ordinò Hotchner e tutti sapevano che ciò che lui diceva era legge. I primi tre stavano per uscire quando lo sceriffo gli comunicò che probabilmente non avrebbero trovato quel delinquente di Ben Wilson a casa sua, ma da un suo amico, per poi dargli l’indirizzo.

    «Pronto?»
    «Hotch, sono Morgan. Charlie aveva ragione, lo sceriffo è un vero idiota. A un paio di metri dal cassonetto dove è stata rinvenuta la fede abbiamo trovato un paio di gocce che la scientifica ha confermato essere sangue. La analizzeranno e ci faranno sapere; ci vorrà un po’, devono tornare a Las Cruces.»
    «La ragazza aveva ragione, trovala.»
    «Agli ordini.»
    Aaron Hotchner aveva già testato l’incapacità dello sceriffo Harper; nel secondo luogo di ritrovamento c’era del fango e sicuramente l’S.I. aveva lasciato le impronte delle sue scarpe, ma la polizia di Chaparral aveva camminato ovunque, cancellando i segni lasciati dall’assassino. Probabilmente avrebbero potuto restringere il cerchio dei sospettati e chiudere il caso più in fretta. Lo aveva fatto notare allo sceriffo che si era giustificato dicendo che lui era arrivato dopo, scaricando la colpa sui suoi agenti. Charlie Brooks aveva più che ragione, aveva fatto un profilo preliminare perfetto e tutto ciò che aveva detto allo sceriffo era vero, persino di avergli fatto notare la sua incapacità. Quella ragazza aveva spirito, passione, cervello e una capacità naturale nel decriptare le persone. Lei era necessaria.
     
    Top
    .
3 replies since 2/6/2013, 19:14   150 views
  Share  
.
Top