Don't leave me

Molto più di un fratello.

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  1. †MyBloodyMary†
     
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    Raiting: Verde
    Genere: Generale-Drammatico
    Personaggi: Maria, Edoardo, Elia, Greta, Saverio, Cristina, Laura, Michael
    Note: -


    Introduzione


    Non appena lo vide cascare, Maria capì subito che stavolta si era fatto male sul serio.
    Aveva visto distintamente la scarpa del giocatore pestare violentemente contro lo stinco di Edoardo, e lei si era sentita subito mancare. Stava mandando un messaggio alla sua amica Laura, prima che tutto intorno a lei si facesse sfocato. I rumori erano attutiti, la folla che urlava sembrava solo un flebile rumore in lontananza.
    Sul parquet lucido Edoardo si contorceva e si dimenava come un mollusco, lanciando gemiti di dolore. La voce del fratello risvegliò Maria dal torpore iniziale.
    Scossa dal panico, la ragazzina lasciò cadere il cellulare dalle sue mani, precipitandosi sul campo al fianco del fratello. Spintonò un sacco di gente, ricevette un sacco di insulti, ma i suoi occhi blu erano spalancati dalla paura, e puntati solo su Edoardo. Ignorò tutto e tutti.
    Giunta al fianco del ragazzo, gli si chinò sopra, ansiosa.
    - Edo, oddio, Edo stai bene?- continuava a chiedere lei, tremante. Le mani del fratello tenevano la gamba, piegata in una forma innaturale. Con il viso cadaverico imperlato di sudore, Edoardo trovò comunque la forza di sorriderle.
    -Tranquilla, Pallina.- le sussurrò lui, pallido per il dolore. –Sto bene.-
    L’arbitro fischiò il fallo, mentre dagli spalti la gente si chiedeva cosa stesse succedendo.
    Maria strinse la mano di Edoardo fino all’arrivo dei paramedici, allertati solo allora dal rumore della folla. I compagni di squadra del fratello lo circondarono in un batter d’occhio, e lei si sentì spintonata dappertutto, come se volessero allontanarla da lui.
    -Sì, a prima vista direi una frattura grave.- sentì parlare un dottore. –Dobbiamo portarlo in ospedale.-
    “Ospedale?” pensò. “No. No, no, no, no!”
    -No!- trovò allora la forza di urlare. –No, in ospedale no!- I medici si voltarono, come infastiditi dalla ragazzina, e i compagni di Edoardo, capendo la crisi che le stava venendo, le si catapultarono vicino.
    Cercarono di tranquillizzarla, ma lei voleva solo stare con suo fratello. Riacquistata un po’di forza, si riavvicinò ad Edoardo.
    – Edo, ti fa male?- gli chiese, in apprensione. Lui indugiò un secondo sulla risposta, ma poi scosse la testa. Sulla fronte gli si era formata una ruga lunga e profonda.
    “E invece sì.”, pensò lei fra sé e sé. “Ti fa male e anche tanto.” Carezzò i capelli biondi del fratello mentre i dottori lo caricavano su una barella.
    Solo allora però, si ricordò che i suoi genitori erano assenti dalla partita. “Vanno avvertiti!”, pensò, come se le fosse risuonata una sirena in testa.
    La ragazzina corse di nuovo al suo posto, e tastò nella sua borsa cercando il cellulare. Si ricordò che però al momento dell’infortunio del fratello, l’aveva gettato via. Si bloccò un secondo, inorridita. “Oh, no!” pensò frustrata. Girò le gradinate su e giù una decina di volte alla ricerca del telefonino, ma niente. Il cellulare era sparito.
    -No, no, no!- urlò. Come avrebbe fatto ad avvertire i genitori? Non era così forte da poter gestire una situazione del genere da sola. Frustrata, nervosa e sull’orlo delle lacrime, pestò un piede per terra. Un rumore strano però la mise sull’attenti.
    Aveva sentito un clangore di metallo un po’particolare. Scese dalle gradinate e guardò sotto di esse. –Oh, grazie a Dio!- esclamò sollevata. Eccolo lì, il suo cellulare!
    Si sdraiò per terra, e scivolò sotto le scale di ferro. Si allungò il più possibile, mosse le dita e finalmente riuscì ad afferrare il ciondolo che pendeva dal suo cellulare. Preso il telefono in mano, compose il numero del padre.
    Il telefono squillò quattro volte a vuoto. –Ti prego…- sussurrò Maria.
    -Pronto?- rispose finalmente una voce un po’roca.
    -Papà!- esclamò la ragazzina. –Papà, Edo si è fatto male.- disse subito tutto d’un fiato. –Lo stanno portando in ospedale, dicono che la frattura è grave e…- Tirò su con il naso. –Papà, ti prego vieni.- disse infine prima di scoppiare a piangere.
    -Ehi, Maria, ehi. - le disse suo padre. –Sto salendo adesso in macchina, sarò lì tra meno di un minuto.-
    -Grazie.- disse lei. –Devo chiamare mamma?- chiese poi.
    -No, piccola,- rispose lui. –ci penso io. Vai a cercare Elia e stai con lui. E mi raccomando non fare follie.-
    -Va bene.- disse Maria con un filo di voce. Chiuse la comunicazione, e prima che qualcuno potesse dirle qualcosa si catapultò di nuovo in mezzo al campo.
    - Edo, arriva papà!- iniziò ad urlare. –Edo!-
    Ma suo fratello non c’era più. Si guardò intorno, disorientata, ma non vide nessun medico, nessuna barella, nessuna ambulanza.
    Terrorizzata cominciò a piangere. Singhiozzò forte, si sentiva tutti gli occhi della gente addosso, ma poco prima che le gambe le cedessero, due braccia forti la stringessero a sé.
    -No, Maria. No - sussurrò Elia. –A Edoardo non succederà niente, stai tranquilla.- cercò di tranquillizzarla il ragazzo. Il tessuto della divisa da basket dava fastidio alla pelle della ragazzina, ma quella fu di sicuro l’ultima delle sue preoccupazioni. Era così frustrata, così preoccupata per suo fratello che continuò a piangere finché non esaurì le lacrime.
    Elia la trascinò fino alle gradinate, prima di sedersi e prendere Maria sulle gambe, come se fosse una bambina piccola. Lei però non protestò, e appoggiò la testa sul petto del ragazzo, trovando conforto nei suoi battiti del cuore.
    -Lo opereranno?- chiese lei con un filo di voce. Il ragazzo sospirò.
    -Non lo so. – disse. –Ma, ehi,- continuò sollevandole il mento e fissandola dritta negli occhi. –con o senza operazione Edoardo starà meglio, non ti preoccupare.-
    Maria sospirò. “Lo spero con tutto il cuore”, si disse.
    Ancora non sapeva che quello sarebbe stato solo l’inizio di tutto.
     
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    Continuiamo questa bella (e allegra) storiella :riot:

    Uno

    In genere le protagoniste dei libri sono sfortunate, oppure brutte.
    Beh, Maria non lo era. Aveva sedici anni, frequentava la seconda superiore del liceo linguistico ed era una delle ragazze più fortunate, e anche più felici, che potessero esistere.
    Aveva tanti amici che le volevano bene, a scuola era molto brava, e con i suoi capelli biondi riccioli e gli occhi blu, i ragazzi le pendevano dalle labbra.
    Aveva anche la fortuna di avere due genitori che le stavano dietro e che si amavano, una bella casa e Edoardo, un fratellone di diciannove anni, che era la cosa a cui lei teneva di più al mondo.
    Da piccoli loro due erano come cane e gatto: litigavano per ogni cosa, si picchiavano e urlavano. Ma quando Maria aveva compiuto undici anni, qualcosa era cambiato. Iniziarono ad essere amici, a coprirsi a vicenda e, giusto in uno o due casi, a marinare la scuola insieme.
    “Non preoccuparti, sorellina.” gli aveva detto lui, quando quell’anno era capitato che facessero sale. “Io so fare sia la firma di mamma che quella di papà. Devi solo scegliere da chi dei due farti giustificare.”. E da allora, la loro “amicizia” era diventata d’acciaio.
    Edoardo giocava a basket negli Under 17 della loro città, ed era davvero un portento. Al contrario di quanto molta gente crede, non bisogna essere alti due metri per saper giocare bene a basket: il fratello di Maria era alto uno e settantasei, ma essendo il playmaker era uno di quelli che segnava più punti.
    Maria adorava andare a vedere le sue partite. Uno dei suoi difetti era che era totalmente impedita in qualsiasi sport comprendesse una palla, piccola a o grande che potesse essere, ed era per questo che era felice che almeno suo fratello riuscisse in un gioco simile.
    Quando c’era una partita, lei amava trovarsi in mezzo al caos della folla che urlava, esaltata dai canestri, e di certo lei non si faceva pregare per urlare un po’.
    Edoardo stava con la sua squadra sin da quando aveva otto anni, e conosceva tutti i membri come se fossero la sua seconda famiglia. Nel corso degli anni poi, quando uno, quando un altro, tutti gli altri giocatori erano passati da casa loro, e Maria aveva imparato ad accettare di avere la puzza di sudore di cinque o sei ragazzi per casa quando finivano di allenarsi al parco.
    Ma uno di quelli a cui forse voleva più bene era Elia. Elia non era solo un compagno di squadra, ma era il migliore amico di suo fratello dai tempi della materna, e Maria gli era particolarmente affezionata. Era l’unico ragazzo grande che la trattava a suo pari, non come gli altri che le facevano dispetti e la sfottevano. Lui era speciale.
    C’era sempre quando Maria affrontava momenti duri e quando aveva bisogno di divertirsi.
    Ed è per questo che al momento dell’incidente lei trovò più che naturale rifugiarsi da lui.
    Rimase ad abbracciarla finché non arrivarono i genitori della ragazzina, che la strinsero tra le braccia e la lasciarono piangere di nuovo.
    -Piccola, adesso basta.- la supplicava sua madre. –Edoardo starà bene, fidati. -
    -No, mamma.- singhiozzò lei. –La frattura è grave, lo opereranno. -
    -Ma si sopravvive per queste cose, piccola mia. - le disse suo padre, accarezzandole una guancia. Maria tacque.
    -Adesso andiamo. - la incalzò sua madre. –Dobbiamo andare a trovare tuo fratello.-
    E lei non se lo fece ripetere due volte.

    ***
    -Dove sarà…- sussurrò Maria, osservando la lista dei piani e dei rispettivi settori dell’ospedale.
    -Ortopedia. – le disse il padre. –Ora muoviamoci.- La ragazzina lo osservò. Era sempre stato calmo e paziente, ma evidentemente il pensiero che il figlio stesse male lo aveva scosso più del previsto.
    Entrarono tutti e tre in un angusto ascensore, e arrivarono fino al terzo piano. Non appena le porte si schiusero, Maria si catapultò fuori, iniziando a curiosare nelle stanze per trovare suo fratello.
    - Edo?- domandava entrando in ogni stanza. –Edo?-
    -Ehi, sono qui, casinara.- esclamò una voce un po’flebile dalla quinta stanza. La ragazza tornò indietro di corsa, ma non appena giunse sull’uscio della stanza si bloccò.
    Suo fratello era lì, disteso sul letto, con un dolce sorriso sul volto, una carnagione pallidissima e con la gamba appena ingessata tirata su. La ragazzina trattenne il respiro.
    “Fa male”, si diceva nella mente. “Fa male al cuore. Non posso vederlo così.”. Sentì le lacrime premere sugli occhi, e si lascò sfuggire un singhiozzo.
    Edoardo smise di sorridere. -No, ti prego.- sussurrò il ragazzo. Non poteva vedere la sorellina minore in quello stato, soprattutto se a causa sua. “Falle vedere che stai bene”, pensò.
    Si morse il labbro inferiore, e dopo essersi guardato un attimo intorno, appoggiò una mano al comodino e si fece forza. Con un sforzo si tirò a sedere, e dopo un piccolo giramento, spalancò le braccia. Maria corse da lui e lo abbracciò più forte che poté.
    -Pallina, ti prego smettila.- le sussurrò lui in un orecchio, mentre si arrotolava un ricciolo della sorella intorno al dito. –Non fare così. –
    In quel momento, ecco che entrarono i suoi genitori. Rimasero un attimo fermi sulla soglia della porta, incerti se interrompere o no quel momento tra i due fratelli. Ma Maria li sentì, e si affrettò ad allontanarsi da Edoardo e ad asciugarsi le lacrime.
    -Ciao, mamma. Ciao, papà. - li salutò lui. Sua madre sorrise, ma il ragazzo intravide un luccichio strano negli occhi della donna mentre lo abbracciava.
    Suo padre invece, come sempre, sorrise dolcemente, lasciando trasparire però un po’di nervosismo. –Proprio non sai come farci disperare.- commentò a bassa voce. Edoardo rise, e scosse la testa. Solo allora il padre lo abbracciò.
    -Non farci mai più, mai più, una cosa del genere.- gli sussurrò in un orecchio. Edoardo non seppe come interpretare quelle parole, quindi si limitò ad un timido sorriso.
    In quel momento qualcuno bussò alla porta, ed entrò un uomo giovane, sulla trentina, con corti capelli castani, un accenno di barba e due vivaci occhi scuri.
    -Buonasera, signori.- disse cordiale. –Siete i genitori del paziente?- chiese sorridendo.
    -Sì.- rispose mia madre, ricambiando il sorriso. –Io sono Greta Castellani.-
    -E io sono Saverio Castellani.- disse mio padre, stringendo la mano all’uomo.
    -Piacere, signori.- disse quest’ultimo. –Io sono il dottor Cristiani, e vostro figlio è mio paziente.- Si voltò prima versò Edoardo, sorridendogli, e poi verso Maria.
    -E tu?- le chiese gentilmente. –Sei la sorellina?-
    Lei annuì, ma non disse niente, limitandosi a guardare il gesso di suo fratello in apprensione.
    -Comunque,- procedette poi il dottore. –le prime ipotesi sono reali. La frattura, che include tibia e perone è scomposta.- Si voltò verso il ragazzo. –Dovrai essere operato.-
    Edoardo trattenne il respiro. Sapeva che avrebbe dovuto subire un intervento, se lo sentiva. Ma quando il dottore gliel’aveva detto in faccia, aveva capito che gli sarebbe successo tutto per davvero. Aveva mille domande da fare all’uomo, ma una stanchezza lo colse all’improvviso.
    - Edo, che hai?- gli chiese sua madre, avvicinandosi a lui.
    -Niente ma’, niente.- sussurrò. –Ho solo sonno.- La madre lo aiutò a sdraiarsi e gli diede un bacio in fronte.
    -Signori Castellani, consiglierei di far riposare vostro figlio.- disse allora il dottor Cristiani. –Potete tornare domattina.-
    -Cosa?- chiese stupita Maria. –Io voglio stare qui, stanotte!-
    -Tesoro, è meglio di no. - disse il padre, appoggiandole una mano sulla spalla. –Tuo fratello deve dormire.-
    Anche Maria, un po’per lo stress e un po’per la pressione delle ultime ore, si sentì piombare addosso una stanchezza improvvisa, e quindi non ribatté.
    -‘Notte, cucciolo.- lo salutò sua madre, stampandogli un bel bacio sulla fronte.
    -Dormi tranquillo, okay?- gli disse invece il padre. –Domani siamo di nuovo qui.- Edoardo sorrise debolmente. Poi Maria gli si avvicinò.
    -Fratellone, stai su, eh?- gli sussurrò in un orecchio. –Che se stai male tu, sto male anche io. E io non voglio stare male per un imbecille come te. – Rise, anche se le lacrime le premevano di nuovo sugli occhi. Il fratello si lasciò andare ad una breve risata secca, prima di stringere di nuovo la sorella tra le braccia.
    -Tanto sono duro, Pallina.- le disse. –E supererò anche questa, fidati.-
    Lei annuì. –Buonanotte, Edo. -
    E con un sorriso, lasciò la stanza di suo fratello.
     
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    Secondo capitolo... Et voilà!

    Due


    -Come sta Edo?- chiese Cristina a Maria. –Si rimetterà?-
    La ragazzina prese un bel sospiro. –Sì, certo che si riprenderà.- rispose. –Ma dovrà essere operato.- -Oh accidenti.- commentò l’amica. Prese un bel sorso dal suo frullato e lo riappoggiò sul tavolo. –Sapete già quando?- domandò poi.
    -Fra due giorni.-disse Maria. –Mamma ha preferito che lo operassero a Firenze, quindi per due o tre giorni sarò assente a scuola. Non ho intenzione di lasciare mio fratello da solo.-
    -Ma ci sarebbero i tuoi.- tentò di ribattere Cristina. –Non ti farebbe bene mancare proprio adesso a scuola. Siamo piuttosto indietro con il programma e…-
    -No, non cercare di convincermi.- esclamò Maria, alzando una mano. –Io vado con Edoardo. È mio fratello, non pensare nemmeno che io possa abbandonarlo in un momento del genere.-
    -Già, infatti.- Michael sbucò solo in quel momento con il suo solito sorriso vivace stampato sul volto e il suo profumo di mela. –Di che parlavate, ragazze?- ci chiese, curioso.
    -Del fratello di Maria.- disse sorridendo Cristina. –Sai, dovrà essere operato.-
    Michael strabuzzò gli occhi. –Davvero?- esclamò. –Non ne sapevo niente.-
    -Ho preferito non spargere la voce in giro. - disse Maria. –Vieni Mamo,- aggiunse poi, rivolta al suo amico. -siediti con noi.-
    Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, e si catapultò nella sedia accanto a Cristina, che arrossì come un pomodoro.
    - Cos’è successo?- chiese Michael.
    -Beh, stava giocando la partita,- disse Maria. –quando un ragazzo dell’altra squadra gli colpisce lo stinco con la scarpa.-
    -Uh. - esclamò Michael, con un espressione di dolore. –Povero Edo, sai che male…-
    -Puoi dirlo forte.- sospirò Maria. –Stamani siamo andati a trovarlo di nuovo, ma è la prima volta che si opera, ed è davvero nervoso.-
    -Ci credo!- esclamò Cristina. –Avrei paura anche io, ad essere nei suoi panni.-
    -E il ragazzo che l’ha colpito?- domandò l’altro ragazzo. –Che ha detto?-
    -Si è scusato subito.- aggiunse la ragazzina. –Almeno quello… Fortunatamente non l’ha fatto apposta.-
    -Ci mancherebbe altro.- commentò la sua amica. –Se è un gioco mica può volerlo fare apposta.-
    -Ne esiste di gente così, fidati.- le disse Michael, appoggiandole una mano sulla spalla. –A mia sorella, a pallavolo, è arrivato un pugno proprio qui, sul setto nasale.- esclamò indicandosi il naso. –Dovevi vedere la scena: sangue dappertutto. Quella che l’aveva beccata se l’è cavata con un “Mi dispiace, è stato involontario.”, ma io l’ho sentita ridere con le sue compagne non appena mia sorella era partita per il pronto soccorso.- Scosse la testa, amareggiato per il pensiero.
    -Ma questa è gente malata.- lo tranquillizzò Maria. –Fidati, il ragazzo che ha fatto male a Edo c’è rimasto molto male. L’ho visto con i miei occhi, e aveva un’espressione terrorizzata.-
    -Sarà…- disse Michael. –Ma è per questo che faccio nuoto. “Meglio soli che male accompagnati”- citò, in un momento d’ispirazione. Maria e Cristina scoppiarono a ridere per l’espressione del ragazzo, e lui si voltò, con uno sguardo interrogativo.
    -Beh, che ho fatto?- chiese. Le due ragazze non riuscirono a smettere di ridere per la mezz’ora successiva.
     
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    Guarda, dato che sono ancora in linea ti posto anche il terzo capitolo :) Buona lettura!

    Tre


    -Andrà tutto bene, Edo. Capito?-
    Maria era sull’ambulanza con il fratello, che era sdraiato su una barella. Stavano andando a Firenze, e anche se i medici volevano un adulto sul veicolo con Edoardo, il ragazzo aveva insistito affinché lasciassero la sorella.
    -Lo so, Pallina.- gli disse lui. –Devi cercare di calmarti tu, piuttosto. Io sto bene. -
    La ragazzina rimase un attimo interdetta, ma poi sorrise. –Sai com’è, è la tua prima operazione, scusa se sono nervosa. - disse accarezzando i capelli del fratello.
    -Mi sembri mamma.- ribatté lui, con un debole sorriso sul volto. Maria ridacchiò.
    -Non so se ti perdonerà per non averla voluta sull’ambulanza.- gli disse lei. –Si è sentita ferita nell’orgoglio.-
    Edoardo rise. –E vabbè,- sussurrò. –al prossimo infortunio farò salire lei. –
    Maria smise di sorridere di colpo. “L’ha detto davvero?”, si chiese perplessa. Sembrava quasi che il fratello ci sperasse, di avere un altro incidente.
    –Non pensarci nemmeno.- sussurrò allora innervosita. –Questo sarà il tuo primo ed ultimo infortunio, sia chiaro.-
    Edoardo sospirò. -Pallina, ascoltami.- disse. –Gioco a basket, gli infortuni come questi sono di routine, e mi succederà di nuovo. Ma va bene,- aggiunse subito dopo, vedendo l’espressione sul volto di Maria. –ne sono consapevole. Adesso dovrò rimanere fermo per un po’ a causa di questo coso,- disse alludendo al gesso. –ma poi ricomincerò, più forte di prima.-
    La ragazzina tacque, un po’spaventata. “No, non potrà succedergli di nuovo.” si disse. Ma già sapeva che non poteva esserne certa.
    Il resto del tragitto passò velocemente e in silenzio, mentre lei teneva forte la mano del fratello.
    Una volta entrati dentro la città però, nella mente del ragazzo tutto iniziò ad essere un po’confuso.
    “Eccoci qua.”, pensò. “Tra poco entrerò in sala operatoria e mi riaggiusteranno le ossa. Sentirò male? E dopo? Potrò camminare o mi metteranno su una sedia a rotelle?”
    Edoardo appariva quasi sempre rilassato, ma quella volta iniziò ad avere paura dell’intervento. Cominciò a respirare troppo velocemente, e si sentì la fronte imperlata di sudore.
    “Calmati, Edo.” pensò dentro di sé. “Pensa a Maria.” Non appena il ricordo della preoccupazione della sorella gli si presentò in mente, si costrinse a prendere dei bei respiri e a calmarsi.
    “Perché qualcosa dovrebbe andare storto?” si chiese. “I dottori sono bravi, poi starò meglio.”
    Non appena concluse questo pensiero, l’ambulanza si arrestò.
    –Siamo arrivati, giovanotto.- disse l’infermiere che l’aveva assistito durante il viaggio. –Pronto a stare meglio?-
    -Quello sicuro.- rispose Edoardo sorridendo. Si voltò verso Maria, e fu felice di vedere un’espressione quasi calma dipinta sul suo volto.
    In quel momento i suoi genitori, che avevano seguito l’ambulanza con la macchina, parcheggiarono, e scesero di corsa trafelati.
    -Eccoci, eccoci!- esclamò suo padre. I dottori depositarono la barella per terra, e Edoardo rimase a fissare il cielo, grigio e piovoso.
    -Tesoro, piccolo mio, stai bene? Com’è andato il viaggio? Sei tranquillo?- Sua madre intervallava una domanda con un bacio, ed Edoardo, diversamente a come si sentiva di solito, fu confortato da tanta premura.
    -Mamma, è tutto okay.- la tranquillizzò lui. –Sto bene.-
    Ma Greta si mise a piangere, e il padre dei ragazzi fu costretto ad intervenire.
    Edoardo si sentì in colpa. Maria andò ad abbracciare la madre, e le asciugò le lacrime, sussurrandole qualcosa nell’orecchio. Suo padre gli si avvicinò, stringendogli una mano.
    -Allora,- gli chiese sorridendo. –sei calmo?-
    Edoardo deglutì, poi gettò uno sguardo alla madre e annuì.
    -Bene.- disse il padre. –Perché l’incubo sta per finire. Anche se dovrai portare gesso e tutore poi starai meglio.- Gli accarezzò una guancia.
    -Grazie, papà. - sussurrò il ragazzo.
    -Avanti, ragazzone!- disse il dottor Cristiani. –E’arrivato il tuo turno.-
    Con la famiglia che lo seguiva, Edoardo fu trasportato fino alla sala operatoria sulla barella. Entrarono in un vasto ascensore, e Maria strinse subito la mano al fratello.
    “Tra poco entrerà ad operarsi.”, si disse dentro di sé lei. Strinse più forte il palmo del ragazzo, che la guardò negli occhi e le sorrise.
    “E’per il suo bene.”, si ripeté la ragazzina. Si costrinse a sorridere a Edoardo, e prima che potesse vedere le lacrime che le velavano gli occhi, girò la testa.
    L’ascensore pigolò. Erano arrivati al piano giusto.
    Gli infermieri seguiti dal dottor Cristiani spinsero la barella fino all’entrata della sala operatoria. “Starò bene, ce la farò.”, continuava a pensare il ragazzo. “Starò bene, ce la farò.”
    Sua madre scoppiò di nuovo a piangere, e il gesto rese ancora più spaventato il ragazzo.
    Saverio fu costretto a portare la moglie lontana dalla sala, e Maria, rimasta da sola, depositò un veloce bacio sulla guancia del fratello.
    -In bocca al lupo.- gli disse. Il ragazzo guardò gli occhi azzurri della sorella, intensi come i suoi, e per la prima volta sentì la vera paura attanagliagli lo stomaco. Provò il desiderio di alzarsi e scappare, di andare con la sorella lontano, magari di nuovo a casa.
    Ma i medici furono più veloci. Le porte della sala operatoria si aprirono, e il ragazzo percepì la barella che si muoveva.
    “Cosa…?” pensò il ragazzo. Poi entrarono in un'altra stanza, dove le luci erano più fredde. Edoardo si guardò intorno, e vide tutto grigio e nero, una sala completamente vuota.
    “Ho paura!” urlava nella sua testa. “Voglio andarmene!”
    Una ragazza però gli sorrise dolcemente, depositandogli una mascherina su naso e bocca.
    “Aiuto!” continuava a pensare. “Aiuto, aiuto…”
    Ma il pensiero si affievolì, e Edoardo cadde finalmente addormentato.
     
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